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  1. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    Stava sognando, Alice. E nel suo sogno era tutto perfetto. Suo padre era attento alla famiglia e ai propri figli; sua madre non era caduta in depressione; suo fratello non era morto. Era lì, di fronte a lei, e le sorrideva come era solito fare quando ne aveva appena combinata una delle sue e sperava di non essere scoperto. Era felice, ma c’era qualcosa che non andava. Una sensazione cupa si stava facendo strada dentro di lei, facendole capire che doveva esserci di più: come se tutta quell’allegria non potesse essere vera. Suo fratello rideva e la sensazione che stesse per accadere qualcosa di orribile era sempre più pressante. Le attanagliava il cuore in una morsa e non ne capiva il motivo. Dischiuse le labbra, per dire qualcosa al fratello, ma da esse scaturì soltanto un grido. Un grido lacerato. Un grido perché da chissà dove era stato sparato un colpo e suo fratello, adesso, era per terra. Senza vita. Improvvisamente, c’era sangue ovunque: sulle pareti, sui vistiti, sulle mani. Ovunque e lei non riusciva a respirare. Non riusciva a ragionare.
    Non riusciva a svegliarsi.
    Svegliarsi.

    Ecco, si era svegliata e i capelli le aderivano alla fronte sudata, mentre il respiro irregolare le faceva muovere il petto troppo velocemente. Doveva calmarsi, era solo un sogno, probabilmente derivato dall’agitazione della sera prima. Un attimo. La sera prima? Che diavolo era successo la sera prima? Tutto d’un tratto, sembrò rendersi conto che la stanza in cui si trovava non era la propria e nemmeno il letto. Era un ambiente totalmente sconosciuto e- diamine l’avevano pure ammanettata. Ma che diavolo- ? All’improvviso tutti i momenti passati le tornarono alla mente come flash. BOM. La missione. BOM. L’alieno. BOM. L’inseguimento. E poi? E poi la scarica elettrica. E il muro. Diamine, il muro! Non appena ebbe rimesso insieme tutti i pezzi del puzzle, le lacrime le inondarono gli occhi, ma non avrebbe permesso loro di scendere. Si mosse sul letto, agitandosi, ma il braccio ancorato alla testata non le permetteva grandi movimenti e il polso le doleva terribilmente. Era stata lei a creare quella protezione? Che significava? E dove era, ora, dannazione? Troppe domande e nessuna risposta. L’unica cosa che sapeva era che si trovava in un luogo totalmente sconosciuto, senza armi e ammanettata ad un dannatissimo letto. Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato da quando era svenuta e perché era svenuta. Doveva rimanere lucida o non sarebbe mai uscita da quella situazione. Analizzò la stanza con lo sguardo, cercando ogni piccolo particolare per capire se ve ne fosse qualcuno di utile. Sembrava una normale camera da letto – di una coppia o di un ragazzo? – e la vetrata, appena coperta dalle tende chiare, lasciava entrare la luce esterna. Doveva essere sul mare e questo non era affatto un fattore positivo. Trovarsi una via di fuga ostacolata dall’acqua non era sicuramente la migliore delle condizioni.
    Stava quasi per mettere i piedi fuori dal letto, quando la porta della stanza si spalancò, rivelando l’alieno a cui avevano dato la caccia poche ore prima. Una marea di pensieri le volarono nella mente nello stesso istante. Che avesse provato ad approfittarsi di lei? No, non si sentiva strana. Ma allora perché portarla lì, in quella che probabilmente era casa sua? Lo sguardo che gli regalò fu tutto tranne che amichevole e, velocemente, cercò qualcosa da lanciargli contro, ma quello sembrava essersi già premunito di toglierle di torno qualsiasi oggetto che potesse essere pericoloso.
    « Tu- » Ringhiò quasi, agitandosi appena, e cercando di strattonare il polso, con scarsi risultati se non quello di farsi ulteriormente male. « Ti consiglio di dirmi subito cosa sta succedendo. »
    Non che si trovasse nelle condizioni di poter fare del male a qualcuno, ma era certa che prima o poi avrebbe avuto l'occasione di averlo vicino e, di certo, non si sarebbe risparmiata. La bruciatura che si era causata la sera prima a causa delle sbarre che lui aveva creato era ancora lì, sul proprio braccio, e le doleva, come a volerle ricordare che lui era il nemico. Inoltre, non sapeva nemmeno che fine avessero fatto gli altri; cosa avessero visto. Non era sicura di ciò che fosse accaduto, ma era certa che non fosse qualcosa di normale. Prima di farsi prendere dal panico, però, era il caso di decidere se ciò era avvenuto per merito suo o per un intervento esterno.
    Per la prima volta nella sua carriera, si trovò ardentemente a sperare che fosse stato qualcun altro a salvarle la vita.
     
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  2. Tristan.
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    Tristan Cole

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    John era rimasto a vegliarla quasi per tutta la notte, dandomi la possibilità di dormire per qualche ora. Era stata sua l'idea di ammanettarla al letto, per precauzione. Io avrei evitato di farla risvegliare in un ambiente così avverso, ma sapevo che aveva ragione lui.
    Ero ancora un suo bersaglio. Lei non sapeva di essere... Speciale.
    L'uomo lasciò la mia abitazione all'alba, dopo avermi svegliato perchè prendessi il suo posto di guardia. Avevo appena finito di preparare il caffè quando sentii un clangore provenire dalla mia camera da letto.
    Lei non lo sapeva, ma l'avevo messa lì per fare in modo che riposasse più comodamente. Avrei potuto benissimo ammanettarla al piede del divano.
    Con le due tazzine la raggiunsi, ma appena mi vide la sua reazione fu piuttosto rude. Non sarebbe potuto essere altrimenti.
    Buongiorno! La salutai, sorridendo sornione, come a voler ignorare quel suo tono aggressivo Finalmente ti sei svegliata.
    Poggiai le due tazzine sul comodino più distante da lei, dove non poteva prenderle, e mi sedetti accanto al letto.
    La osservai per diversi secondi in silenzio, cercando di riordinare le idee. Quell'aspetto stanco e disordinato non riusciva comunque a nasconderne l'incredibile bellezza.
    Egoisticamente mi dissi che sarebbe stato bello conoscere una ragazza del genere in circostanze diverse. Io per lei, adesso, ero il nemico. Dovevo riuscire a farle capire che volevo soltanto aiutarla.
    Stai... Bene? Le chiesi subito con una certa premura, che difficilmente avrebbe apprezzato.
    Mi incrociai le mani in grembo, riflettendo bene a cosa dire. Quella era una situazione incredibilmente delicata.
    Innanzitutto mi dispiace per le manette. Avrei voluto evitarle, ma sai... Ieri sera hai provato ad uccidermi! E credo di essere ancora un tuo bersaglio, non è così?
    Corrucciai la fronte e decisi di iniziare con una prima osservazione anche fin troppo semplice.
    Hai mai affrontato un alieno, Alice? Attesi una sua risposta Saprai che quelle creature hanno delle sembianze umanoidi, ma facendo attenzione si possono notare alcuni particolari diversi. Denti aguzzi, branchie intorno al naso.
    Aprii la bocca in un sorrisone, per farle vedere la mia dentatura normale, umana.
    Conosco il tuo nome... Precisai poi Perchè la ragazza che era con te ti ha chiamata così, quando sei svenuta.
    Fui tentato di liberarla immediatamente, ma sapevo che non ero ancora riuscito a convincerla di avere buone intenzioni. Sembrava testarda, dura, una di quelle ragazze a cui avevano fatto il lavaggio del cervello fin dall'asilo, ma allo stesso tempo era chiaramente una sveglia.
    Con le giuste parole, forse, sarei riuscito a farla ragionare.
    Io mi chiamo Tristan. Non sono un alieno, come ti hanno fatto credere. Sono un essere umano, ma come hai potuto vedere ho un'abilità speciale. Ce ne sono altri come me, sai?
    Non gli avrei svelato ancora nulla a riguardo. Lei non sapeva di John e Madison, e fino a quando non mi fossi assicurato che lei sarebbe stata dalla nostra parte, avrei evitato di dirle altro a riguardo. Era giusto che sapesse, però, a cosa sarebbe andata incontro adesso.
    Tu sei come me... Cercai di usare molto tatto, ma quella frase sembrò comunque ferirla più di una coltellata Sei speciale. Provai subito ad indorare la pillola.
    Mi portai una mano fra i capelli ed abbassai lo sguardo, evitando il suo. Non volevo darle a vedere quanto quella situazione mi stesse mettendo in difficoltà.
    I tuoi... Colleghi... Erano pronti a portarti in uno dei loro laboratori per studiarti, quando hanno visto cosa sapevi fare. So che questo non è il posto in cui speravi di risvegliarti ma... E' pur sempre meglio il mio letto, di uno di quelli in cui ti avrebbero fatto chissà cosa. Continuai con fare amichevole.
    Non stavo più riflettendo adesso, parlavo a ruota nella speranza di riuscire a dire qualcosa che la convincesse quantomeno a mostrare un barlume di fiducia nei miei confronti.
    Adesso io ti libererò da queste manette. Provai a giocarmi il tutto per tutto Poi sta a te decidere cosa fare. Potrai andartene, scoprire sulla tua pelle che adesso quelli che reputavi i tuoi amici ti stanno dando la caccia, oppure puoi bere quel caffè, ed ascoltare cosa ho da dirti.
    Non era certo quella la ragione per cui avrei voluto ammanettare una così bella ragazza ad un letto.
    Non ti tratterrò qui contro la tua volontà, tranquilla. La rassicurai, prima di liberarle finalmente il polso.
    La guardai intensamente in quei suoi meravigliosi occhi azzurri, nella speranza che potesse leggere nei miei la sincerità con cui le avevo parlato fino a quel momento. Stavo correndo un bel rischio, liberandola.


     
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  3. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    Osservò ogni suo singolo movimento, attenta a captare qualsiasi cosa potesse farle capire che lui era un pericolo per lei. Tuttavia, era cauto, ma di una cautela più propensa all’auto-difesa che non ad un’eventuale azione offensiva nei suoi confronti. Sembrava sincero, eppure, non riusciva a fidarsi. Quello era da sempre stato un suo problema: non riusciva in alcun modo a riporre la propria fiducia in qualcuno che non fosse se stessa. Troppe delusioni l’avevano colpita nella sua breve vita ed era sua intensione evitarne delle altre. Non disse una parola. Si limitò a seguire il suo filo logico, con gli occhi incatenati nei suoi, spostandosi sul bordo del letto per stare il più possibile lontana da lui. Per un momento, l’idea di tirargli un calcio e affrontarlo le era passata per la testa, ma si era poi resa conto di essere a piedi nudi e, probabilmente, si sarebbe fatta più male di quanto non avrebbe potuto recargli. Umani speciali? Non aveva mai sentito parlare di ciò e poi perché avrebbe dovuto fidarsi di lui? Aveva un potere ed avere un potere equivaleva ad essere un alieno; o almeno era ciò che aveva creduto fino a quel momento. Tuttavia, non poteva ignorare ciò che era successo su quel dannato tetto. Era sempre più sicura che il muro che l’aveva protetta fosse stata lei a crearlo, ma era anche arci-sicura di non essere un alieno. Che quel ragazzo stesse dicendo la verità? E se così fosse stato, perché lei sarebbe stata all’oscuro di tutto? Perché suo padre le avrebbe tenuta nascosta una cosa così importante, se gli altri membri della squadra ne erano, invece, a conoscenza? Davvero avrebbero fatto degli esperimenti su di lei? Tutta quella marea di informazioni che lui le stava dando erano troppe per essere assimilate tutte insieme. Tutto ciò a cui aveva creduto fin da bambina, tutta la sua vita sembravano basarsi su delle menzogne. Anche la morte di suo fratello era una menzogna, quindi? Era stato ucciso da un alieno o da uno “speciale” come loro?
    Quando lui le liberò il polso, se lo portò subito al petto, massaggiandolo con l’altra mano per far riprendere la circolazione. A causa degli strattoni che aveva dato, un livido circolare e violaceo stava iniziando a tingere la sua pelle, ma non vi fece caso. Sicuramente, quello non era il problema principale. Non riusciva nemmeno a guardare il ragazzo, che aveva detto di chiamarsi Tristan, da tanto era confusa. Dopo svariati minuti di silenzio, nei quali cercò di riordinare le sue idee, rialzò finalmente lo sguardo verso di lui, annuendo appena. A quel punto, non poteva tornare indietro: doveva sapere. Ogni cosa. Scese cautamente dal letto, attenta ad eventuali giramenti di testa, dato che poche ore prima era caduta a terra senza nemmeno sapere come. Fece qualche passo per la stanza – decisamente ben arredata per essere l’abitazione di un uomo – analizzando ciò che le si parava davanti agli occhi.
    « Sei da solo? » Chiese, infine, tanto per assicurarsi di non dover stare attenta a difendersi da qualcun altro. « Cosa è successo ieri sera? Come diavolo ho fatto a creare quel muro e- Come ci sono arrivata qua? »
    Si portò le mani fra i capelli disastrati. Era esasperata e frustrata. Senza avere la più pallida idea di che cosa pensare o fare. Avrebbe solo voluto tornare a casa propria e dimenticare tutto l’accaduto delle ultime ventiquattro ore.
    « Se dovessi tornare in città, mi catturerebbero? Cioè, adesso, sono dalla parte dei cattivi? » Chiese, tornando a sedersi sul letto con lo sguardo basso.
    Che avrebbe detto suo fratello se avesse potuto vederla? Come poteva essere fiero di una sorella che faceva parte della stessa cerchia di esseri che lo avevano ucciso?

     
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  4. Tristan.
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    Tristan Cole

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    I cattivi? Le chiesi, dimenticando per un istante che lei era ancora convinta che io fossi un alieno.
    Continuavo a guardarla, senza distrarmi nemmeno per un attimo. Un pò perchè, a voler essere sinceri, quella ragazza era una gioia per gli occhi, ma soprattutto perchè doveva essere addestrata, e non mi sarei dovuto fare trovare impreparato.
    Alice, io non... Noi non siamo i cattivi. Insistetti a bassa voce.
    Non sapevo come altro convincerla a credermi. Avevo provato a dimostrarle in tutti i modi che non ero uno di quegli alieni, ma non c'ero riuscito. Che avrei dovuto fare?
    Tu hai un'abilità, e non mi risulta che sia un'aliena, o sbaglio? La sfidai, sempre nella speranza di farla ragionare.
    Le diedi qualche secondo per rielaborare la mia domanda, poi ripresi.
    I cacciatori sanno che non esistono soltanto gli alieni. Ne hanno studiati abbastanza di loro per capire che non c'è alcun modo per replicare le loro abilità... Perchè non sono umani! Ma noi sì.
    Sbuffai piuttosto sonoramente, poi le porsi la tazzina di caffè.
    Se ti avessi voluto uccidere lo avrei già fatto. Provai a vincere le sue resistenze Non senti che profumo meraviglioso?
    Mi alzai in piedi e gli passai la tazza proprio sotto il naso, e attesi che la prendesse tra le mani prima di bere il mio, per mostrarle che non era avvelenato o altro.
    Non so niente della tua abilità, ma sapevo già che ne possedessi una. Come, però, è una cosa che non posso spiegarti, almeno fino a quando non inizierai a fidarti di me.
    Chiaro e conciso, non volevo perdermi in discorsi lunghissimi. Lei mi aveva fatto delle domande, ed io le stavo rispondendo come potevo.
    Siamo da soli, sì. Risposi ancora, ripercorrendo quel brevissimo interrogatorio a ritroso.
    Era il momento di darle delle spiegazioni, forse. Il fatto che lei fosse rimasta lì, invece di fuggire, era già un buon segno.
    Diversi anni fa, una colonia di alieni è sbarcata sulla terra. Ormai ce ne sono in migliaia di quegli esseri, sparsi per la terra.
    Ma questo lei già lo sapeva, glielo leggevo in viso. Non le stavo dicendo nulla di nuovo.
    Mi chiesi quanto sapesse in realtà di come realmente stessero le cose. Perchè le avevano nascosto quelle informazioni? I cacciatori sapevano benissimo che esistevano umani speciali come me, eppure lei e gli altri che mi avevano attaccato erano convinti che io fossi un alieno.
    Si sono riprodotti fra loro, e altri ne sono arrivati di nascosto. Stavano progettando un attacco, ma prima che riuscissero a sferrarlo, hanno scoperto che nel nostro mondo ci sono persone con abilità speciali. Umani, con un'alterazione genetica... Proprio come me e te.
    Quello, invece, le sarebbe risultato nuovo. Immaginavo che si sentisse tradita in quel momento, ammesso che mi stesse davvero credendo, e mi dispiaceva per lei.
    Me la immaginai con un abito elegante addosso, i capelli legati in una treccia e con un filo di trucco, lontana anni luce da quel mondo. Sembrava così incredibilmente fuori posto, per quanto fosse risoluta.
    Gli alieni hanno iniziato a darci la caccia, ne hanno uccisi a centinaia come noi, sparsi per il mondo. E adesso sono arrivati qui, a New York, per eliminare quella che potrebbe essere una resistenza pericolosa. Io e altri umani speciali stiamo cercando di raggrupparci, per combattere.
    Finii di bere il mio caffè, poi poggiai di nuovo la tazzina sul comodino, quindi inclinai leggermente il capo e la squadrai per l'ennesima volta.
    Non ti piacerebbe scoprire di cosa sei davvero capace? Se vuoi davvero rendere la terra un posto più sicuro, puoi aiutarci a farlo, ed io posso aiutarti a scoprire di più sulla tua abilità.
    Mi sedetti sul letto e rimasi seduto soltanto facendo leva sulle braccia, posando i palmi delle mani sul materasso.
    Come ti ho già detto, però, sei libera di prendere qualsiasi decisione tu voglia. Solo... Tieniti lontana dai cacciatori. A quanto pare ti hanno tenuta all'oscuro di tutto, ma io so cosa fanno agli umani speciali. Nessuno esce vivo dai loro laboratori, e tu non sarai l'eccezione.



     
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  5. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    Se loro non erano i cattivi, allora chi potevano esserlo? I Cacciatori come lei? Inoltre, se davvero lei avesse fatto parte di quella parte di popolazione con i poteri, la sua vita sarebbe cambiata drasticamente. Se ciò che lui diceva era vero, non avrebbe più potuto tornare alla sua vecchia routine: l’avrebbero uccisa. Possibile che la sua stessa famiglia potesse andarle contro in quel modo?
    Sospirando pesantemente e senza staccare lo sguardo da quello del ragazzo – tanto per accertarsi che fosse sincero – inspirò l’odore del caffè che lui le stava sventolando sotto il naso. In effetti, ne avrebbe avuto bisogno. Il mal di testa si stava lentamente facendo strada, probabilmente, anche incentivato da tutti gli avvenimenti che l’avevano sconvolta nelle ultime ore. Della caffeina le avrebbe sicuramente fatto bene, ma poteva fidarsi di lui? Come faceva a sapere che non l’avrebbe avvelenata? In fondo, però, l’aveva pure liberata dalle manette, nonostante sapesse che sarebbe potuta essere un pericolo per la sua incolumità. Prese fra le mani la tazza bollente, ma aspettò che lui bevesse per primo, prima di portarsela alle labbra e prenderne un sorso.
    « Grazie. » Mormorò, ancora un po’ restia a farsi vedere troppo accomodante.
    Non sapeva niente di lui e, di certo, non si sarebbe fatta abbindolare solo da un bel sorriso e delle buone maniere. Stette ad ascoltare tutta la storia, rendendosi conto di conoscerne solo una parte. Se davvero esistevano delle persone, come lei e Tristan, che avevano subito queste alterazioni genetiche, perché i Cacciatori avrebbero dovuto ucciderli? In fondo, sarebbero potuti essere utili fra le forze armate. Aveva visto il ragazzo in azione ed era sicura che se si fosse impegnato non sarebbe stato facile da battere. Perché, invogliarli a creare un’alleanza che sarebbe stata sicuramente pericolosa, invece che reclutarli? Doveva esserci qualcosa di più sotto, ma era certa che lui non gliene avrebbe parlato, almeno fino a che non avrebbe dimostrato di essere dalla loro parte. Ma come poteva scegliere? In pochi minuti, si stava rendendo conto che tutta la sua vita era stata costruita sopra un castello di carta. Non aveva più niente a cui appigliarsi: nessuna certezza. Un sorriso amaro le increspò le labbra alle ultime parole di lui.
    « Tenermi lontana dai cacciatori? Tutta la mia famiglia appartiene ai Cacciatori. » Disse, con un sarcasmo oscuro nella voce. L’avevano tradita ed ingannata. Tutti. Perfino sua madre – o almeno, quello che ne rimaneva. « Dovrei abbandonare tutti? »
    Si alzò dal letto, dando un’altra lunga sorsata al caffè che le corse lungo la cola, rendendola un po’ più lucida. Doveva ragionare. Si era sempre considerata intelligente, adesso, doveva mettere in pratica questa sua dote. Doveva prendere le cose con filosofia e mettere a confronto i pro e i contro di ciò le stava accadendo. In fondo – era inutile negarlo – aveva sempre saputo che c’era qualcosa che non andava; quella era solo la dimostrazione pratica che tutti i suoi dubbi erano fondati. Si avvicinò a passi brevi alla finestra che dava sul mare e, per un attimo, si permise di godersi il paesaggio. Voleva sapere. Voleva arrivare in fondo a quella questione: era certa che suo fratello avrebbe voluto questo da lei.
    « Ci sto. » Disse, infine, con un tono decisamente più deciso, tornando a guardarlo in faccia. « Voglio combattere, ma dovrai dirmi tutto. Ogni minima cosa. A partire da come facevi a sapere che possedevo un potere. » Era risoluta. Era la vera Alice, non la ragazza spaventata che era rimasta rannicchiata sul letto poco prima. « E ti avverto: azzardati a raccontarmi cazzate anche tu e, giuro, che ti uccido. » Sussurrò, avvicinandosi pericolosamente a lui, con le sopracciglia inarcate, come a volerlo informare che quello non era uno scherzo e che, nonostante i venti centimetri di altezza, gli avrebbe spezzato il collo senza problemi.
     
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  6. Tristan.
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    Tristan Cole

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    Ecco, vedi questa... Rabbia... Mi portai le mani ai fianchi, ma non distolsi lo sguardo dal suo. Volevo che capisse che le sue minacce con me non attaccavano affatto, e poteva risparmiarsele.
    Dovresti indirizzarla contro gli alieni, il vero problema.
    In realtà non pensavo che convincerla potesse risultare così semplice, ma evidentemente l'avevo sottovalutata, perchè si era rivelata subito in grado di capire come stavano realmente le cose.
    Che io non fossi un alieno era una cosa fin troppo visibile, non poteva insistere più di tanto, ma il fatto che la sua abilità si fosse manifestata immediatamente, per me era stato un colpo di fortuna.
    La tua famiglia fa parte dei cacciatori? Mi grattai la barbetta sul mento e feci pochi passi, fino a fermarmi di fronte alla porta a vetri che dava sul mare. Le tende erano spalancate, garantendo la vista di quello spettacolo meraviglioso, il sole che si alzava lentamente all'orizzonte, su quella immensa distesa d'acqua.
    Questo è un bel guaio. Ma è una decisione che spetta a te. Se vuoi provare a parlarne con loro puoi farlo, io ti guarderei le spalle. Ma non farti strane idee, i cacciatori più dediti al loro lavoro mettono sempre la famiglia in secondo piano. Odiavo essere così freddo e diretto, ma non avevo altra scelta. Se l'avevo inquadrata bene, lei era una di quelle persone che preferivano un approccio simile, piuttosto di uno fatto da infiniti giri di parole.
    Non volevo essere al posto suo. Io non avevo più una madre da diversi anni ormai, ma sapevo di poter contare su mio padre, se ne avessi avuto bisogno. Lei, forse, si sarebbe trovata a dover scappare dalla sua famiglia nei prossimi giorni.
    Sai... Avremmo potuto collaborare, noi umani speciali e i cacciatori! E' una proposta che abbiamo avanzato, diverse settimane fa. In tutta risposta hanno provato a catturarci. Questo perchè ritengono che analizzandoci a dovere, possono riuscire a replicare le nostre abilità per creare un esercito di umani speciali. Come ti ho già detto, le loro analisi sugli alieni non hanno dato frutti.
    Incrociai le braccia all'altezza del petto e sospirai in maniera quasi impercettibile. I cacciatori, fino a quel momento, si erano rivelati persino più pericolosi degli alieni, ma sapevo che quest'ultimi stavano progettando qualcosa di meglio organizzato.
    La mia speranza, era quella di creare un fronte forte e compatto per fermare qualsiasi loro attacco, ma non sarebbe stato semplice. Alice si sarebbe unita a noi, probabilmente, ma era soltanto una ragazzina presuntuosa, troppo sicura di se, che aveva appena scoperto di avere un'abilità.
    Difficilmente ci sarebbe potuta essere utile, ma non per questo l'avremmo abbandonata. Non sapevo quali fossero i limiti delle sue abilità, ma nei limiti del possibile avrei voluto scoprirli insieme a lei. Ero curioso.
    Comunque mi dispiace, ma le cose non sono così semplici. Non posso rivelarti tutto adesso, e non voglio mentirti. Fino a ieri sera ero un tuo bersaglio, adesso devi permetterci di fidarci di te. Ti basti sapere, adesso, che grazie all'abilità di uno dei nostri siamo sempre un passo davanti a tutti. E' così che abbiamo scoperto la tua abilità. Al momento siamo tre, senza di te, ma abbiamo diversi umani speciali nel mirino. Speriamo di trovarli prima dei cacciatori o degli alieni. Per il resto...
    Aprii la porta a vetri, e subito la brezza del mare mista a quel venticello fresco mi investì con la sua delicatezza.
    Puoi restare qui, a casa mia, per un pò. La tua abitazione non è più sicura, almeno per il momento. Puoi sempre affittare una camera da qualche parte, ma in quel caso ti consiglio di usare dati falsi o qualcosa di simile. Qui siamo al sicuro, non sanno che la casa a mare è di mia proprietà. John si era occupato di nascondere la cosa, ed era stato sempre lui a chiedermi di proteggere Alice, prima di andarsene quella mattina.
    Sapeva che quella ragazza, adesso, era indifesa. Ed il problema più grave, era che sembrava sicura di non esserlo, per questo si sarebbe cacciata nei guai, se l'avessi lasciata andare.
    Adesso dipendeva tutto da lei, di certo non mi sarei sforzato ad insistere per farla restare, ma di certo restando lì mi avrebbe semplificato il lavoro. Fra le altre cose, l'idea che una ragazza bella come lei potesse vivere sotto il mio stesso tetto era inevitabilmente molto intrigante.
    Quello, al momento, era comunque l'ultimo dei miei pensieri...



     
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5 replies since 7/5/2015, 14:43   49 views
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