Run boy run

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  1. Tristan.
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    Tristan Cole

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    John? Va tutto bene?
    No, Tristan. Abbiamo un problema.
    Sentivo il respiro agitato dell'uomo, che mi aveva chiamato da chissà dove in quell'occasione. Il sole era ormai tramontato, ed io ero seduto ad uno dei tavoli all'esterno di un bar di Williamsburg. Avevo deciso di prendermi quella serata per stare un pò da solo e riflettere riguardo gli avvenimenti e le scoperte delle ultime settimane.
    John, Madison, gli alieni e i cacciatori. La mia percezione del mondo era cambiata completamente, iniziavo a sentirmi solo, nonostante sapessi che a New York ce n'erano altri come me... Altri come noi. Dovevamo trovarli, ma non quella sera.
    Le strade di Williamsburg erano alcune delle più originali della città, nonchè anche delle più tranquille, per questo avevo scelto di andare da quelle parti. Avevo appena finito di bere una birra, e fino a quando non avevo ricevuto quella telefonata mi ero incantato a guardare il fondo della bottiglia vuota, sovrappensiero. Con quella maglia color porpora, e il giubbotto di pelle nero, stavo iniziando a sentire quasi caldo. Tirava un vento leggero, ma la temperatura era tiepida.
    I cacciatori stanno venendo a prenderti. Aggiunse John poco dopo, con la voce tremante.
    Qui? A Williamsburgh? Chiesi confuso.
    Sì, e dovrebbero essere già lì. Mi guardai intorno di soppiatto, ma non c'era niente di sospetto.
    E mi avvisi ora?
    Ti ho chiamato appena ho avuto la visione. Si difese.
    Cazzo. Ho capito, torno a casa. Terrò un profilo basso.
    No... Mormorò lui con fare colpevole.
    No?
    C'è una ragazza con loro. E'... Una dei nostri! Ma ancora non lo sa.
    Quindi cercherà anche lei di uccidermi?
    Sì, crede che tu sia un alieno.
    Ispirai profondamente ed allontanai lo smartphone dalla mia guancia. Senza che me ne accorgessi avevo già preso a tamburellare con l'indice ed il medio della mano destra sul tavolino di ferro.
    C'erano poche persone sedute agli altri tavoli, un nerd preso a giocare con il proprio tablet, due bambine con la loro mamma, una coppia probabilmente sposatasi da poco ed un uomo grasso, apparentemente incastrato fra i braccioli di ferro della sua sedia.
    Per le strade c'erano decine di individui, occupati a passeggiare e a chiacchierare allegramente. Non c'era niente di strano.
    Inoltre... Riprese Nella mia visione loro ti hanno aggredito mentre eri seduto al tavolo, e Tristan... Vedi le due bambine sedute poco distanti da te?
    Tu come...
    Moriranno nello scontro. Devi andartene da lì. Aveva visto tutto, e sapeva che se avessi combattuto in quel posto avrei messo tutti in pericolo con le mie abilità e tutti i proiettili vaganti di quei bastardi.
    Perfetto... Sono un bersaglio, e devo farmi beccare da solo! Davvero magnifico. Il cuore prese a battermi più rapidamente, e mi sentii immediatamente con le spalle al muro.
    Scattai in piedi ed iniziai a camminare senza una meta, allontanandomi da tutte le persone che sarebbero potute restare ferite. I cacciatori solitamente agivano di soppiatto, ma probabilmente vedendomi seduto lì, distratto, non avrebbero resistito alla tentazione di catturarmi o uccidermi.
    Camminai per diversi minuti, e svoltato l'angolo mi trovai all'interno di una stradina stretta, circondata da pochi cassonetti dell'immondizia fin troppo pieni e due scale antincendio, che mi avrebbero permesso di salire sui tetti dei due edifici vicini.
    A sbarrarmi il passo c'erano due uomini grossi, entrambi con indosso un completo nero. Uno era armato con un fucile, l'altro era apparentemente disarmato.
    Mi voltai per tornare indietro, ma due ragazze ed un altro uomo, armato con una mitragliatrice leggera, mi si pararono di fronte.
    Chi era la ragazza con delle abilità fra le due?
    Non avrei avuto tempo per pensarci. Avevo due scelte: potevo scappare o combattere, ma la prima in quel caso mi sembrò più facilmente percorribile.
    Salve! Provai a bluffare, con un pizzico d'ironia State cercando qualcuno?



    Edited by Tristan. - 5/5/2015, 01:52
     
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  2. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    C’è un obiettivo.
    Con questa frase era iniziata la giornata di Alice; non un buongiorno ne un saluto. Solo un ordine che lei avrebbe dovuto eseguire per non venire declassata. La minaccia degli alieni era sempre più tangibile e meno astratta: solo in quella settimana, ne aveva già fatti fuori nove e il numero non sembrava voler diminuire. Inoltre, quello era il tipo di missione che più odiava. Non aveva ancora capito perché, ma per alcuni di loro – per quelli che non venivano uccisi, se non accidentalmente, ma solo catturati – le veniva assegnata una squadra. E lei odiava lavorare in squadra. Alice era una a cui piaceva fare per conto proprio, senza dover stare attenta ai cavilli che la tenevano, in qualche modo, legata e senza dover stare attenta per la vita di qualcun altro. Alcuni, infatti, erano particolarmente tenaci e – occorreva ammetterlo – difficili da tenere a bada. Sperava seriamente che quello di quel giorno sarebbe rientrato in quella categoria, almeno avrebbe potuto divertirsi un po’. Il periodo in cui si dispiaceva per la loro morte era, infatti, passato. Non erano umani: erano solo dei mostri che puntavano allo sfruttamento delle loro risorse. Non meritavano pietà; senza contare che era per colpa loro se suo fratello era morto.
    Per questo motivo, aveva passato la giornata ad allenarsi nel seminterrato del proprio appartamento, dove teneva tutti gli attrezzi. Con gli altri del gruppo avevano deciso di non nascondersi. Uno dei più importanti esponenti delle industrie tessili di New York, infatti, proprio quella sera aveva dato una festa in maschera, quindi, se fossero andati in giro con le armi in vista, nessuno si sarebbe fatto problemi a scambiarle per un travestimento. E fu proprio così. Nonostante avesse optato per un abbigliamento informale – jeans, t-shirt e anfibi – molti per strada l’avevano fermata per complimentarsi per il notevole equipaggiamento. Adesso, finalmente, si era ritrovata con gli altri: due omaccioni tutti muscoli e niente cervello, un ragazzo di qualche grado al di sotto di lei e Rachel, probabilmente, la più inutile fra tutti. L’unica cosa utile che sapeva fare era distrarre gli avversari con quegli occhi a cerbiatta che si ritrovava. Intendiamoci, non che Alice non fosse ugualmente bella, ma non era proprio il tipo per fare certe cose. La balestra sulla spalla e la semiautomatica infilata nel passati dei jeans ne erano la prova.
    Era ormai un quarto d’ora che stavano puntando l’obiettivo: sembrava un ragazzo non troppo più grande di lei, capelli folti e fisico asciutto. Non c’era che dire, quegli stronzi sapevano pure come rimorchiare facile. Stavano aspettando un movimento, di certo, non potevano attaccarlo in pieno centro urbano con dei civili a pochi passi da loro.
    « Merda, ma non si muove più di lì. Secondo te sa che ci siamo? » Sibilò Rachel, frustrata. Beh, probabilmente, stare appostati per proteggere delle persone era sicuramente più noioso che andarsi a fare la manicure. Alice si morse la lingua, impedendosi di liquidarla con qualche battutaccia, quando l’essere si alzò dal tavolo, guardandosi intorno.
    « Sì, sa che ci siamo. » Mormorò, allora, leccandosi le labbra carnose. « Muoviti. »
    Scivolò lungo il muro, impugnando la pistola che aveva tenuto nascosta fino a poco prima e facendo segno agli altri di precederla. Non era una che si faceva dare ordini e avere la situazione in mano la faceva stare più tranquilla. Seguì l’allegro corteo, almeno fino a che non si trovarono di fronte all’alieno. Un sorriso sarcastico increspò le sue labbra a quelle parole e, facendo due passi avanti, lo guardò con sicurezza, nonostante gli svariati centimetri di altezza che li separavano.
    « Ironia. Carino da parte tua cercare di fare il simpatico anche in punto di morte. » Disse, rigirandosi fra le mani l’arma, tanto per fargli capire che non stava scherzando. « Evitiamo scenate e fai il bravo. Simon, legagli le mani, lo vogliono vivo a questo. »


     
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  3. Tristan.
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    Tristan Cole

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    Le cose non avrebbero preso una bella piega nei minuti successivi, questo era chiaro sia a me che a loro.
    Di certo non mi sarei consegnato ai cacciatori. C'era sempre più bisogno di me e della mia abilità per proteggere il mondo, ma loro non sembravano volerlo capire.
    Siamo dalla stessa parte. Decisi di fare almeno quel tentativo Non dobbiamo scontrarci per forza.
    Una di loro era come me, forse quella che aveva appena parlato, oppure l'altra. Erano entrambe due belle ragazze, indubbiamente, ma se quella con la balestra sembrava sapere il fatto suo, l'altra sembrava essere lì soltanto per fare scena. Anche volendo, non avrei saputo su quale delle due scommettere.
    Stiamo tutti cercando di risolvere il problema degli alieni, no?
    Uno di quegli uomini tirò fuori un taser, e dopo avermelo puntato contro sparò senza darmi il tempo di reagire. La scarica elettrica percorse i miei muscoli e le mie ossa, provocandomi una sensazione quasi piacevole.
    Fai sul serio? Lo schernii. Attacchi del genere riuscivano soltanto a caricarmi di più.
    Gli puntai contro il palmo della mano, e lo colpii a mia volta con una scarica che lo atterrò al suolo. Gli altri si prepararono a spararmi, ma prima che potessero farlo allargai le braccia, e l'intero vicolo venne pervaso da vere e proprie sbarre elettriche, orizzontali e verticali, che riuscirono a distrarre i cacciatori.
    Avrei anche potuto contrattaccare per difendermi, ma non potevo fare del male alle due giovani. Odiavo coloro che usavano la propria violenza contro le ragazze e le donne, e non sarei voluto diventare uno di loro, ma a parte tutto una delle due doveva avere delle abilità come me. Dovevo farla ragionare.
    Io non sono il nemico! Gridai, prima di puntare una di quelle scale antincendio.
    Iniziai a salirle in fretta, evitando fortunatamente i primi proiettili, l'ultimo dei quali mi sibilò accanto all'orecchio destro.
    Ehi! Non avevate detto che mi volevano vivo? Protestai sarcastico, nel tentativo di nascondere la paura che mi stava assalendo.
    Le sbarre elettriche nel vicolo scomparvero appena mi ritrovai quasi sul tetto, ma i cacciatori non sembravano avere intenzione di demordere.
    Dovevo inventarmi qualcosa, e dovevo farlo al più presto.
    Il tempo delle parole sembrava finito, e non avevano nemmeno valutato la possibilità che stessi dicendo la verità. John comunque era stato chiaro riguardo il fatto che gli umani speciali erano loro bersagli tanto quanto gli alieni, quindi non sarebbe cambiato comunque nulla probabilmente.
    Il tetto fortunatamente non si rivelò essere un vicolo cieco, poichè da quella sommità era possibile saltare su quella dell'edificio adiacente. Era un salto di quasi due metri.
    Sarei potuto restare lì per affrontarli, senza avere idea di come sarebbe potuto andare uno scontro, oppure... Sarei dovuto saltare.
    Sentii i loro passi sulle scalette di ferro, mi stavano raggiungendo. Cercai di soffocare tutti i sentimenti che stavo iniziando a provare, dalla rabbia alla paura, ma nel cielo limpido sopra le nostre teste si stavano iniziando ad ammassare i primi nuvoloni scuri, senza che lo volessi.
    Ispirai profondamente, presi la rincorsa ed iniziai a correre, per saltare soltanto una volta sul ciglio del tetto. Atterrai rotolando su quello dell'altro edificio, dolorante al fianco destro, ma leggermente più distante. Restai disteso dietro un muretto, mentre altri proiettili cercavano di arrestare la mia corsa.
    Smetti di scappare, alieno! Mi urlò contro la ragazza disarmata Potremmo anche risparmiarti.
    Io non sono uno di quei dannatissimi alieni! Replicai ancora, massaggiandomi il fianco.
    Un fulmine colpì il tetto dell'edificio su cui si trovavano loro, ma fortunatamente, o sfortunatamente, non colpì nessuno.
    I nuvoloni sparirono appena riuscii a riprendere il controllo, ed approfittai della loro distrazione per sfondare la porta che dava sul tetto con una spallata, ritrovandomi all'interno di quel vecchio edificio abbandonato.
    Ero riuscito a vederli prendere la rincorsa prima di entrare, erano rimasti in quattro ad inseguirmi, quello che avevo colpito nel vicolo doveva essere ancora stordito. Meglio così.
    Si vedeva poco dentro quella costruzione, la poca luce che la illuminava era quella che filtrava dalle finestre rotte o scheggiate, proveniente dai lampioncini all'esterno. Mi mossi quasi a tentoni, pronto ad ascoltare qualsiasi suono emesso dai cacciatori. Poi sentii qualcuno entrare, erano riusciti a saltare tutti?
    Approfittai della porta quasi sfondata di uno degli appartamenti in rovina, e mi nascosi al suo interno, per spostarmi silenziosamente in quella che doveva essere la stanza da letto. C'era un materasso vecchio e sporco sopra una pedana di legno, forse qualcuno si nascondeva lì la notte, o quando c'era il maltempo.
    Se si fossero divisi, affrontarli sarebbe stato più semplice. Ma come mi sarei dovuto comportare con quelle ragazze?
    Cosa avrei dovuto fare se avessero provato ad uccidermi?
     
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  4. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    Sul serio pensava che si sarebbero fatti abbindolare da quelle frasi da film? Ma non sarebbero dovuti essere intelligenti gli alieni?! Sbuffò, stando attenta ad ogni suo movimento, proprio come le avevano insegnato a fare. Non si doveva lasciare niente al caso, neppure il più piccolo particolare. Ma quell’idiota senza cervello di Simon non sembrava pensarla allo stesso modo. Li avevano precisamente informati che l’essere in questione sapeva maneggiare l’energia; con che criterio gli veniva in mente di puntargli addosso un teaser? Non fece, tuttavia, in tempo ad aprire bocca che quello fece partire la carica. Poi fu tutto un attimo. Una mano alzata e l’uomo si ritrovò a terra. Merda, sembrava più forte di quanto avesse messo in conto. Strinse con più vigore la pistola nelle proprie mani, pronta a scattare in avanti e sparargli alle gambe così da poterlo fermare, ma, improvvisamente, si ritrovò bloccata da delle sbarre di chissà cosa che le bruciarono il braccio, lasciandole un’ustione niente male.
    « Bastardo! » Sibilò, prima di alzare l’arma e sparargli contro, nonostante stesse scappando e prendere la mira fosse incredibilmente difficile. « Meglio morto che a piede libero! » Urlò, per poi fiondarsi al suo inseguimento non appena le sbarre di energia scomparvero.
    Non sapeva nemmeno se gli altri la stessero seguendo su per quelle dannatissime scale, ma ne dubitava seriamente. Dietro di sé, sentiva troppi pochi passi. Probabilmente, David, l’altro uomo, era rimasto con il compagno svenuto. Ecco, perché preferiva lavorare da sola: si ritrovava con due deficienti come scorta che sembravano essere più un peso che altro. Giunsero sul tetto, giusto in tempo per vedere il ragazzo saltare su quello adiacente. Non si fece scrupoli a riversargli contro un intero caricatore di pallottole, ma quello non sembrava voler venire fuori e le incitazioni di quell’idiota non fecero altro che far precipitare la situazione. Infatti, senza neppure sapere come si ritrovò sdraiata a terra, a causa del movimento del terreno che quel fulmine aveva provocato. Gemette nel sentire il gomito lanciare una scintilla di dolore acuto a causa della botta presa. Si guardò velocemente intorno per accertarsi che furono tutti vivi, per poi prendere il secondo caricatore dalla tasca dei jeans e sostituirlo a quello usato.
    « Dobbiamo saltare. Non verrà mai allo scoperto e non ha altra via di fuga. » Esclamò, legandosi i capelli, così da non avere impicci in quella che sarebbe stata un’azione decisamente troppo pericolosa. Anche per lei.
    Gli altri non sembravano troppo convinti di quel suo atto di coraggio, ma non avevano altre alternative. Se lo avessero lasciato andare non se lo sarebbe mai perdonato. Era vero, le avevano detto di riportarlo vivo alla base, ma era anche vero che non lo avrebbe mai lasciato scappare. Odiava quelli della sua razza: era per colpa loro che suo fratello era morto. La vendetta era qualcosa che non rientrava nel DNA di Alice, ma in quel caso avrebbe solamente preso il nome di “giustizia”. Occhio per occhio, dente per dente. Avrebbe fatto a loro ciò che loro avevano fatto a Dylan. Non ne avrebbe risparmiato nemmeno uno. Si avvicinò al bordo dell’edificio per controllare quanto fosse alto, ma nel medesimo istante l’alieno corse via, entrando in una porta che non aveva notato senza darle tempo di fare niente.
    « Sono una decina di metri. Dobbiamo sbrigarci sta scappando! » Urlò, prima di prendere la rincorsa e lanciarsi.
    Per un attimo, lo stomaco le arrivò in gola, il cervello sembrò annebbiarsi e la testa le girò. Non appena, però, i suoi piedi toccarono il suolo dell’edificio vicino, riacquistò tutte le proprie facoltà mentali. Scivolò su di un fianco, guardandosi velocemente intorno e notando che solamente il ragazzo l’aveva seguita, mentre sull’altro era rimasta Rachel e l’omaccione ancora in piedi, che probabilmente aveva abbandonato il compagno.
    « Mi dispiace, non ce la faccio! Vi raggiungo da sotto. » Si giustificò, per poi partire insieme all’altro alla volta delle scale.
    Alice si voltò velocemente verso il rimanente compagno, con un’occhiata eloquente. Con la pistola ben salda nella mano destra e la balestra sulla spalla si addentrò insieme al ragazzo all’interno dell’edificio. Non c’era quasi luce, ma i suoi occhi si sarebbero presto abituati anche a quella condizione di oscurità. Avanzò in silenzio, attenta a captare ogni singolo rumore.
    « Dividiamoci. Io vado a destra. Se fra un mezz’ora non troviamo niente, torniamo qua. » Spiegò, brevemente, prima di addentrarsi nel corridoio.
    Le pareti sembravano andare in putrefazione e l’odore che proveniva dalle stanze non era dei più invitanti. Il petto le si abbassava e alzava velocemente a causa dello sforzo per la corsa e per la paura; i capelli erano disastrati; ma lo sguardo era incredibilmente determinato e puntava dritto davanti a lei. Aveva paura, era inutile negarlo: chiunque ne avrebbe avuta. Ma sapeva anche di essere in grado di adempiere a quel compito. Dovette percorrere diversi metri, prima di avvertire un rumore alla sua sinistra. Cercando di fare meno rumore possibile entrò nell’appartamento interessato, brandendo l’arma di fronte a sé, analizzando il luogo intorno a lei. Sembrava un appartamento abbandonato. Stava quasi per fare dietro front quando uno scricchiolio del pavimento non la fece arrestare con un sorriso ironico sulle labbra.
    « La prossima volta che ti nascondi vedi di essere più silenzioso. » Lo schernì, facendo un passo dopo l’altro verso la fonte del rumore. « Vieni fuori o inizio a sparare.»



    Edited by ;lunacy - 6/5/2015, 21:02
     
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  5. Tristan.
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    Tristan Cole

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    Nonostante mi fossi impegnato per muovermi silenziosamente, quella ragazza riuscì comunque a trovarmi. Ero disteso dietro il letto sulla pedana di legno, non poteva ancora vedermi, ma sapeva che ero lì.
    Come era potuta diventare così pericolosa? Come poteva una ragazza di una tale bellezza, e da un aspetto dolce come il suo, diventare una di loro?
    E poi... Era lei? Era come me? Ed in quel caso... Sapeva di esserlo?
    L'idea che un'umana speciale potesse collaborare con quegli assassini mi fece rabbrividire, ma a preoccuparmi ancora di più furono le sue parole. Avrebbe davvero iniziato a sparare?
    Dovevo fermarla, ma non potevo farle del male. Era una situazione di merda.
    Ispirai profondamente, e mi guardai intorno alla ricerca di una soluzione. Mi ero infilato in un vicolo cieco, l'unico modo per uscire da quella stanza, era lo stesso che avevo sfruttato per entrarvi: quella porta semi sfondata.
    Hai anche tu un'abilità? Le chiesi senza giri di parole Sei come me?
    Restai disteso, se avessi messo la testa fuori avrebbe potuto farmela saltare, ma allo stesso tempo sembrava sapere che se avesse aggirato la mia copertura sarei stato costretto ad attaccarla. Aveva visto cosa potevo fare.
    Credi che io sia un alieno, non è vero? Arricciai le labbra in una smorfia Non lo sono, anzi... Sono un loro nemico.
    Avrei potuto uccidere tutti in quel vicolo. La mia abilità in uno spazio ristretto in quel modo sarebbe potuta essere letale, eppure li avevo risparmiati. L'avevo risparmiata, insieme all'altra ragazza, perchè dovevo proteggere quelli come me.
    Madison era una ragazza speciale, e benchè non riuscissi ad andarci molto d'accordo era molto rassicurante sapere che nel momento del bisogno mi avrebbe guardato le spalle. Ammesso che fosse stata quella giovane con la balestra, l'altra giovane dalle abilità speciali, mi sarei potuto fidare di lei?
    Erano troppe domande a cui avrei dovuto dare una risposta, ma adesso dovevo prendere una decisione. Lei non mi avrebbe fatto scappare, ed io non potevo lasciarmi catturare.
    Sei sicura di non avere delle abilità speciali? Di essere un'umana comune
    Attesi la sua risposta, ma non le diedi il tempo di minacciarmi ancora.
    Senza pensarci due volte ribaltai il materasso, che le finì rovinosamente addosso, schiacciandola contro il muro. Avrei potuto attaccarla di nuovo, ma lei era armata, ed io non ero fatto di ferro. Non potevo rischiare.
    Corsi all'esterno della stanza e mi guardai a destra e a sinistra.
    Un rumore di passi, poi un omaccione mi sbarrò di nuovo la strada. Stavano facendo il giro, non potevo scendere, dovevo tornare sul tetto.
    Prima che potesse spararmi lo colpii con una scarica elettrica, poggiandogli una mano sul ventre. Poco più su, e con quel voltaggio avrei potuto anche fermargli il cuore... Ma non volevo ucciderlo.
    Non ero un assassino. Non ero uno di loro.
    Urlò e si accasciò al suolo, iniziando a rotolarsi e attirando l'attenzione della ragazza. Approfittai di quella sua distrazione forzata per raggiungere la porta e chiudermela alle spalle, ma sapevo che non sarebbe stato abbastanza. Non potevo scendere dal tetto, perchè gli altri mi stavano aspettando per strada, e allo stesso tempo non potevo restare dentro.
    Dovevo combattere, a costo di fargli del male o di farmene fare.
    Sentii la ragazza raggiungere la porta. Benchè la giovane fosse piuttosto gracile, ero certo che sarebbe riuscita a sfondarla comunque, viste le sue pessime condizioni.
    Non costringermi a farlo, ti prego... Sussurrai.
    La porta si spalancò, e senza esitare lanciai un'altra violenta scarica elettrica contro chiunque ci fosse dall'altra parte.
    Io o loro. Non saremmo sopravvissuti tutti a quella notte.
     
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  6. ;lunacy
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    ALICE WILLIAMS

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    « Smettila di parlare, so cosa sei. Non riuscirai a confondermi. » Ringhiò, spostando l'indice sul grilletto.
    Era pronta a sparare e lo avrebbe fatto, se all'improvviso non si fosse ritrovata schiacciata contro il muro dal peso del materasso marcio. Un colpo le era partito, andando però a colpire solo il soffitto. Quel bastardo stava scappando, senza neanche degnarsi di cercare di combattere. Le ci volle qualche secondo, però, per riprendersi. Nell'impatto, infatti, aveva sbattuto la testa contro il muro e per qualche secondo la vista le si era appannata. Riuscì a riacquistare in tutto e per tutto la propria lucidità, solo quando sentì l'urlo del suo compagno fuori dalla stanza. Il resto della squadra doveva aver fatto il giro dell'edificio: l'alieno non aveva più vie di scampo. L'altro ragazzo gli sbarrava la strada dalla parte sinistra dell'edificio; mentre l'altro uomo e Rachel stavano arrivando da sotto. A coprire l'uscita sul tetto doveva pensarci lei. Gemendo appena, spinse il materasso, fino a che questo non crollò sul pavimento. Non si fece attendere e, subito, scattò verso l'uscita. Sentiva i passi dell'essere risuonare non troppo lontano. Stava andando di sopra e a quel punto sarebbe stato in trappola.
    « Merda. » Sibilò, quando si trovò di fronte alla porta sbarrata.
    Tuttavia, se il biondo aveva pensato di fermarla con così poco, doveva averla sottovalutata e anche di parecchio. Prese la rincorsa e, con un calcio ben assestato, la spalancò, mandandola a schiantarsi contro il muro. Stava per alzare la pistola e sparare, ma non appena alzò lo sguardo, vide una scintilla luminosa correre veloce verso di lei. Il tempo sembrò improvvisamente rallentare e il terrore si impossessò del proprio corpo. Non poteva morire. Non ancora. Era troppo giovane e doveva ancora fare tante cose. Sua madre ne sarebbe uscita distrutta: non sarebbe riuscita a sopportare la perdita di due figli. Senza neanche accorgersene, la sua mano era andata ad appoggiarsi allo stipite della porta e, prima che la scarica elettrica la raggiungesse, un muro si parò di fronte a lei, proteggendola dall'impatto con la scarica e andando in frantumi.
    Era stato tutto troppo veloce e non aveva la più pallida idea di che cosa fosse successo. Aveva gli occhi sgranati e, tutto in un colpo, si sentì stanchissima, come se avesse corso per chilometri, come se avesse consumato tutte le proprie energie. E una sola domanda continuava a rimbalzargli nel cervello: che era successo? Sarebbe morta, ne era sicura. Ed, invece, era lì; mentre le ginocchia le cedevano, spingendola a rovinare al suolo, con le orecchie tappate e il cervello ormai spento.
    Cosa voleva dire tutto quello? Era stata lei a far apparire il muro? E perché si sentiva così incredibilmente esausta? Avrebbe tanto voluto raggiungere la propria pistola e fare fuori l'alieno, ma non riusciva più a muovere un muscolo. Stava per svenire, lo sapeva. E sapeva anche che lui l'avrebbe uccisa non appena avrebbe perso i sensi. Il respiro le si fece affannoso, mentre si appoggiava al pavimento con i palmi, sempre più incapace di tenere gli occhi aperti. Lentamente - o forse anche il tempo si stava modificando nella sua mente - scivolò a terra, appoggiando la guancia alla superficie fredda del tetto. Non poteva fare altro. Non poteva nemmeno alzare lo sguardo: gli occhi le si erano chiusi e non sembravano volersi riaprire. Sentiva i suoni - il rumore dei passi sotto di lei; capiva cosa stava accadendo, ma non riusciva a reagire. E questo, per una come lei, sempre abituata ad avere ogni cosa sotto controllo, era la cosa peggiore di tutte.

     
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  7. Tristan.
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    Tristan Cole

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    Mi pentii immediatamente di averle lanciato quell'attacco, ma ormai era troppo tardi. Avevo impresso in quella scarica un'energia tale da stendere un bisonte, senza rendermene conto. Una ragazza come lei non avrebbe avuto speranze, sarebbe morta.
    NO! Riuscii appena a gridare, prima che accadesse qualcosa di incredibile.
    La ragazza venne protetta da un "Muro" che probabilmente lei stessa aveva creato, fugando qualsiasi altro dubbio.
    Era lei. Era come me.
    Tu... Sussurrai con un filo di voce, appena prima che si accasciasse al suolo.
    Alice? L'altra ragazza aveva da poco raggiunto il corridoio, ed insieme a due di quegli omaccioni aveva assistito a quella scena. Adesso tutti osservavano la ragazza con gli occhi sgranati e la bocca aperta. Quella manifestazione d'abilità doveva averli sorpresi tutti quanti.
    Spostarono il loro sguardo da me alla ragazza distesa al suolo.
    Cosa facciamo? Chiese la giovane ancora in piedi ai due uomini.
    Ci avevano chiesto di catturare qualcuno con delle abilità, possiamo portare Alice con noi. Ho sempre odiato questa bambina presuntuosa, se la torturassero proverei soltanto piacere. Le rispose uno dei due bestioni.
    Ma lei è...
    Una traditrice. La anticipò ancora l'uomo Ha delle abilità, dobbiamo studiarla.
    Con mio grande stupore, la ragazza annuì come se non le importasse più nulla di quella che forse era una sua amica.
    Ragazzo! Passò allora a rivolgersi a me, con una certa sfacciataggine Ci serviva qualcuno su cui condurre i nostri esperimenti, e a quanto pare l'abbiamo trovato. Hai la possibilità di fuggire, adesso. Di certo non ti daremo la caccia...
    Non per questa notte almeno. Precisò il cacciatore.
    Quella era una proposta che avrei potuto cogliere al volo. Ero stanco, loro erano armati, e la ragazza che adesso avrei dovuto proteggere aveva provato ad uccidermi.
    Il mio istinto di sopravvivenza mi avrebbe portato a voltarmi e ad andarmene, ma "Alice" sarebbe stata torturata ed uccisa per i loro dannatissimi scopi. Lei era una di noi, non potevo permetterlo.
    Non posso... Mormorai in risposta.
    Come? Fai sul serio? Mi chiese la ragazza, confusa.
    Lei viene con me.
    Ti ucciderebbe, una volta ripresa conoscenza. Mi fece notare lei.
    E' un rischio che sono disposto a correre.
    Ne avevo corsi tanti di rischi in quelle settimane, una ragazza così bella, ma soprattutto così importante, almeno potenzialmente, per la nostra causa, li valeva tutti.
    Ne sei sicuro? Ti abbiamo offerto una via d'uscita. Tentò l'uomo un'ultima volta. L'altro, quello che avevo stesso nel corridoio, mi stava ancora ringhiando contro. Voleva vendetta.
    Avanzarono tutti verso la ragazza, ma prima che potessero metterle le mani addosso, una griglia elettrica si frappose fra di loro.
    Riuscii a trascinare Alice lontano dal muro prima che aprissero il fuoco, ma adesso avevamo altri guai di cui occuparci.
    Mi caricai la bella ragazza in spalla, e dopo aver fatto un giro completo del tetto scoprii una cosa che prima mi era sfuggita: anche quell'edificio aveva delle scalette antincendio, sebbene arrugginite e quasi impraticabili. Per questo loro le avevano evitate.
    Non avevo altra scelta, quella sembrava essere la nostra unica via d'uscita.
    Le scesi lentamente, tenendo la ragazza con entrambe le mani per evitare di farla cadere. Finii col cozzare più volte contro la ringhiera, e rischiai di cadere almeno in tre occasioni diverse. Quando toccai di nuovo il pavimento mi sentii finalmente salvo, ma mi resi subito conto che mi sbagliavo.
    L'uomo che avevo colpito nel vicolo si era rialzato, e ci stava puntando contro la sua pistola. Pagherai per quello che...
    Non riuscii a finire quella frase, perchè il rombo di un auto superò le sue parole.
    John arrivò sgommando, e lo investì senza alcuna pietà con la sua station wagon grigia metallizzata, poi abbassò il finestrino e mi fece cenno di salire a bordo.
    Adesso sì che eravamo salvi.
    Sei in ritardo... Sorrisi, finalmente più rilassato, poi adagiai delicatamente la ragazza sul sedile di dietro.
    Quando si sarebbe risvegliata, sarebbe stata a casa mia. Avrebbe davvero provato ad uccidermi?
     
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